martedì 27 luglio 2010

AMARCORD: QUANDO IL CONSIGLIO SFIDUCIO' IL SINDACO GIUSEPPE TOSCANO


LA SICILIA 16 GENNAIO 2003


E la città di Giarre si svegliò senza il suo sindaco. Il voto alla mozione di sfiducia

al primo cittadino Giuseppe Toscano, si è materializzato ieri mattina all’alba, a conclusione di una lunga seduta consiliare, caratterizzata da colpi di scena ebattute al vetriolo. Una maratona di quasi 9 ore in cui il sindaco, nel congedarsi definitivamente dalla città, ha dato sfogo, in un intervento di quasi quattro ore, alle sue considerazioni sui firmatari di una mozione giudicata, a suo dire, inopportuna e con fini personalistici che nulla hanno a che spartire con la politica. Tutto è cominciato alle 21.15 di martedì sera: aula consiliare gremita di gente per un evento d’eccezione: la mozione di sfiducia che, da precedenti accordi,

doveva essere votata non prima di venerdì 17. E invece, bocciata la proposta del Nuovo Psi di posticipare la mozione per affrontare all’approvazione del regolamento della casa albergo per anziani, si passa al punto n.24 dell’ordine del giorno: la mozione di sfiducia al sindaco. Con una novità sostanziale: il voto immediato del documento. L’aula avverte il «colpo di mano». Si procede subito con il dibattito consiliare. Giovanni Gulisano (Liberalsocialisti), riesce a stento a concludere il suo discorso, quando il sindaco Toscano chiede di intervenire: «Consentitemi di parlare. Concedete al "con-dannato" almeno l’ultimo desiderio: non una sigaretta, bensì la parola». L’intervento non risparmia nessuno. Toscano affonda i suoi primi colpi, dopo un lungo preludio dedicato al Pit Etna e alle in-compiute, partendo dai «nobili interessi» della mozione: «So che l’iniziativa della sfiducia è partita dal gruppo del Nuovo Psi, con la partecipazione di importanti soggetti del mondo della politica e dell’imprenditoria. Tramonta l’astro Toscano-Cantarella, ne sorge un altro: Fichera-Mercurio». Il sindaco prosegue nella sua disamina, sminuendo, sezionando ogni passaggio della mozione. Ricostruisce i diversi momenti politici del Consiglio: «Qualcuno ha fatto anche 6 passaggi: un’esperienza tormentata dalla tempesta del dubbio». Poi passa al «piatto» forte: i piani di lottizzazione e l’adozione del Piano regolatore generale. L’aula comincia a tremare. Sono le 2 del mattino quando Toscano decide di rivelare «altarini sconvenienti»: «Mi sorprende che qualche consigliere lasci la toga di censore del costume per chiedere poi un piccolo favore per qualche familiare. Ho grande rispetto per gli avversari se mantengono la dignità e non si dimostrano questuanti. Non è un mistero svelare a tutti che il consigliere in questione è Jano Tomarchio, (estensore della mozione, ndr.) il quale non ha disdegnato di varcare la soglia del mio ufficio, chiedendomi una attenzione particolare per un parente diretto, affinché quest’ultimo venisse riconfermato presidente del Consiglio di amministrazione della casa di riposo Marano; non sbaglio nell’affermare che lo stesso consigliere, manifestò anche un certo disappunto sulle scelte adottate nell’ambito del Prg, sentendosi "trattato male" dal sottoscritto». «Quello che lei asserisce in aula è falso - ha replicato con durezza Tomarchio -non le ho mai chiesto alcun favore, ancorpiù per un parente; quanto al Prg la delusione che ho manifestato circa le

scelte tecniche operate, rientravano nella mia veste esclusiva di consigliere». Il dibattito si è trascinato sino all’alba: alle 5.15 il voto alla mozione di sfiducia (13 voti favorevoli e 7 contrari) l’atto conclusivo che sancisce la fine ingloriosa dell’Amministrazione Toscano.


MARIO PREVITERA




LE REAZIONI


«Non parlate di mozione di sfiducia per fini politici, è stato solo un atto di sfregio al sindaco Toscano». E’ il primo commento a caldo dell’assessore al Bilan- cio, Salvo Vitale, che per 9 anni ha condiviso la gestione amministrativa con il primo cittadino giarrese. «Di politico in questa mozione non c’è niente, lo stesso documento recita soltanto chiacchiere, non dice nulla di nuovo. Promuovere una mozione a tre mesi dalle elezioni, la dice lunga sul suo reale significato». Si dice, invece, amareggiato il vice sindaco Leo Cantarella che, sino a quando non si insedierà il commissario regionale, reggerà le sorti dell’Amministrazione comunale: «Certo c’è molta delusione, questa mozione per buona parte era indirizzata al sottoscritto, ma sia ben chiaro: intendo spendermi ugualmente per questa città». Intanto, in attesa delle nuove elezioni fissate per maggio, il Comune a breve sarà gestito da un commissario straordinario. «Ho già informato l’assessorato regionale Enti locali della mozione - afferma il segretario generale, Antonino Alberti -; la stessa legge consente però la continuità degli atti indifferibili, che dovranno essere adottati, se ce ne saranno, dalla Giunta presieduta dal vice sindaco. I tempi tecnici di insediamento del commissario, sono di almeno 15 giorni». Sulla mozione interviene il deputato forzista Ilario Floresta: «Ribadisco l’inutilità della sfiducia presentata a pochi mesi dalla naturale scadenza elettorale. Mi riferisco a chi oggi lo sfiducia e ieri era con lui in maggioranza e a quell’opposizione che in 9 anni è stata blanda».


MA. PREV.

RINVIATO A GIUDIZIO MARESCIALLO CC

E’ stato rinviato a giudizio, il prossimo 11 novembre al Tribunale di Giarre, con l’accusa di omicidio colposo, il sottoufficiale dei carabinieri del Norm della compagnia di Giarre, capo equipaggio di una pattuglia, che, il 28 marzo del 2008, al culmine di un inseguimento per le vie del centro, in prossimità del crocevia tra il viale Sturzo e il corso Matteotti, ha sparato un colpo con la propria pistola d’ordinanza, ferendo mortalmente il 30 enne giarrese Giovanni Grasso. Il rinvio a giudizio, deciso dal Gup di Catania, dott.ssa Dorotea Catena, a conclusione dell’udienza preliminare, si richiama al provvedimento di imputazione coatta emesso il 13 aprile scorso dal Gip di Catania, dott. Carlo Cannella che aveva pienamente accolto la tesi dei legali della vittima, gli avvocati Ernesto Pino e Giovanni Spada. Il Gip Cannella, concordando con i difensori di Grasso, aveva rilevato, come il maresciallo dei Cc, nel frangente in cui è avvenuto il tragico fatto, “non fosse legittimato a scendere dall’auto di servizio con l’arma spianata e il colpo in canna”.

Ma.Prev.

domenica 14 marzo 2010

IL MONDO E' LORO


E’ una criminalità sommersa quella di Giarre tra ricatti ed estorsioni che non risparmiano nessuno. Commercianti grandi e piccoli rimangono imprigionati nella morsa del racket, sostenendo i gruppi malavitosi con cifre che variano tra le mille e le 15 mila euro al mese. Sullo sfondo la metamorfosi dei sodalizi criminali che gestiscono il territorio da un lato il gruppo santapaoliano che fa riferimento a Brunetto ridotto ad una sparuta minoranza. E i pochi rimasti ancora in giro si occupano della gestione delle piccole estorsioni, piccole risorse che consentono di restare a galla in una città ormai “governata” da due grossi gruppi criminali: i Cappello e i Mussi. Gli affiliati nel triangolo Giarre, Mascali e Riposto, sarebbero oltre un centinaio e le loro specialità spaziano tra le estorsioni e la gestione del traffico della droga ma anche degli scippi compiuti in città dalla manovalanza e cioè giovanissimi spregiudicati, al soldo dei gruppi criminali che gestiscono i traffici illeciti. Le estorsioni sono il pane quotidiano. Nel mirino i piccoli negozi che assicurano cifre mensili che variano tra le 300 e le 500 euro mensili alle imprese e megastore che corrispondono alle organizzazioni criminali anche fino a 15 mila euro. E nella logica del potere criminale pagano tutti, adeguandosi ai nuovi equilibri, già chi pagava al gruppo santapaoliano acese adesso, per garantirsi l’incolumità gira i propri quattrini anche al gruppo emergente dei Mussi. Mascali continua ad avere il suo gruppo logistico specializzato nei furti d’auto con i cavalli di ritorno con prezzi che variano tra le 500 e le mille euro; analoghi i prezzi attuati a Giarre con una regia a Macchia; a Riposto c’è invece chi controlla le estorsioni senza disdegnare l’usura, un fenomeno sommerso e che trova compiacenze in settori insospettabili. A Giarre lo smercio della droga continua ad essere una delle fonti più redditizie per le organizzazioni criminali. E se prima piazza Carmine era il crocevia, gli stupefacenti ora si trovano con facilità nei bar, paninoteche e nella zona residenziale di via Veneto.

Mario Previtera

mercoledì 3 marzo 2010

A PROPOSITO DI MASCALI


Di una cosa siamo fieri. Abbiamo rotto il silenzio. E forse toccato anche il tasto giusto. Al punto da portare allo scoperto persino un famoso ambientalista che, oggi, scopriamo, fare parte del Circolo Italia dei Valori di Mascali, e che in una nota ciclostilata parla di predica. Caro amico, noi siamo abituati ad andare avanti con la schiena dritta scrivendo fatti circostanziati, senza paure o limiti, ma, nel pieno rispetto delle regole deontologiche. Il sig. ambientalista, grande frequentatore del Municipio mascalese e notoriamente impegnato a denunciare le malefatte delle amministrazioni (stranamente difende quella di Monforte&Susinni) sconosce le regole del giornalismo. Qualcuno dovrebbe spiegargli (può chiedere eventualmente a Di Pietro) che, gli addetti stampa, in tutta Italia, compresa Mascali, non possono scrivere firmandosi i pezzi che riguardano l’Amministrazione per la quale collaborano da consulenti per l’informazione e la comunicazione. Quanto, poi, alle sue asserzioni alla Travaglio, circa i fatti non scritti nel periodo compreso tra il '98 e il 2008, le sottolineo che nel ’98 non scrivevo neppure su La Sicilia e che il mio rapporto con il Comune di Mascali è iniziato nel 2001 e per i motivi prima descritti forse, qualche altro bravo giornalista e non certo l’addetto stampa, nel caso in cui vi fossero state queste gravi irregolarità amministrative, avrebbe dovuto denunciare quanto da Lei evidenziato. Quindi, la prego, dal mio modesto pulpito, la invito a risparmiarsi la predica, pensi piuttosto a contribuire fattivamente per fare uscire la sua Mascali da questo torpore che ci riporta agli anni ‘80. Anni bui, purtroppo. Riguardo, infine, il fatto che l’articolo sia stato pubblicato in questo blog, non credo debba spiegarle i motivi per cui da corrispondente da Giarre non possa occuparmi di un territorio di non mia competenza professionale. Stia certo che avendo parecchie collaborazioni, anche con testate nazionali, scriverò senza esitazone alcuna su quanto sta accadendo a Mascali, compreso il fatto che l’Italia dei Valori, forse all’insaputa di Di Pietro, sia diventato a Mascali il "megafono" di questa Amministrazione. Peggio. Un supporter.

Mario Previtera

lunedì 18 gennaio 2010

GLI ORDINI DI NINO CINTORINO

Nonostante la sua condizione di detenuto sottoposto al duro regime del 41 bis (si trova ristretto nel super carcere di massima sicurezza di Spoleto) ha continuato a reggere le fila del proprio gruppo criminale. Antonino Cintorino, 46 anni, di Calatabiano, in carcere da oltre 17 anni, ha mantenuto intatto il proprio carisma di capo indiscusso, imponendo la propria linea d'azione e, stabilendo soprattutto regole e comportamenti, attraverso messaggi cifrati e indicazioni subdole che puntualmente - riferiscono gli investigatori - venivano poi riferiti ai componenti del sodalizio criminale che estende i propri tentacoli da Calatabiano sino a Giarre e dal lato opposto sino a Letojanni, passando per Giardini e Taormina. Nell'indagine sfociata ieri nell'operazione congiunta di carabinieri e guardia di finanza, lo spessore criminale di Antonino Cintorino, si Š appalesato in diverse circostanze. Gli elementi emersi dalle intercettazioni ambientali eseguite in carcere durante i colloqui intrattenuti dai detenuti Carmelo Spinella e Carmelo Porto con i propri familiari, ad esempio, hanno permesso di accertare come Antonino Cintorino sia tuttora a capo dell'omonimo gruppo malavitoso. Lo stesso Cintorino, secondo quanto emerso dalle indagini, avrebbe usufruito direttamente dei proventi delle attività illecite del suo clan grazie al denaro che, regolarmente, uno dei suoi uomini pi— fidati, Carmelo Spinella, gli fa puntualmente pervenire attraverso parenti sotto forma di vaglia postali indirizzati al carcere di Spoleto, dove appunto si trova recluso Antonino Cintorino. Vari sono poi i colloqui intrattenuti dal detenuto Carmelo Spinella nei quali lo stesso chiede informazioni ai parenti del "capo" circa l'avvenuto invio delle somme di denaro al suo "padrino Nino". In un colloquio intrattenuto presso il carcere di Messina Gazzi, il 27 settembre del 2006, tra Carmelo Spinella e un parente, egli afferma: "Glieli hai mandati i soldi al mio patrozzo..? Glieli devi mandare ad ogni inizio del mese .. ogni trenta.. o inizio del mese.. hai capito cosa devi fare? ...Perchè mi ha scritto e non gliene sono arrivati al venti". Pur trovandosi in carcere nel regime del 41 bis, Nino Cintorino non solo avrebbe usufruito degli introiti delle attività illecite poste in essere dai suoi "affiliati" operanti nel territorio di competenza ma sarebbe riuscito anche ad assicurare all'esterno la propria influenza, attraverso il "figlioccio" (di Cresima) Carmelo Spinella, allorquando, quest'ultimo, in un colloquio dell'11 ottobre 2006, commentando la poca intraprendenza di alcuni "affiliati" nel concentrare nelle mani del fratello Mariano gli introiti delle estorsioni, riferiva al cugino Gianluca Spinella che gli stessi avrebbero poi dovuto giustificare tale atteggiamento allo stesso Cintorino. Gianluca Spinella: "Succede l'eclissi poi.. tuo patrozzo ti ha detto cosi?" - Carmelo Spinella: "No.. te lo dico io.. e poi gli danno conto a lui .. che poi finiremo cosi noi altri.. che poi lui lo sa che io glielo mando a dire quello che succede quindi .. meglio di ora di andarvene a lavorare non ce n'è. perchè poi le conseguenze non sono più che te ne vai a lavorare.. le conseguenze sono che vai a riempire qualche fossa! Fate quello che volete.. però poi..."

Mario Previtera
* pubblicato su La Sicilia